Zafferano


Coltiva Zafferano

La Tigre S.r.l. commercializza bulbi di zafferano biologici provenienti dal proprio zafferaneto


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Crocus Sativus – la pianta

5È una pianta erbacea bulbosa perenne, che appartiene alla famiglia delle Iridacee; si sviluppa in altezza per 10 – 25 cm. Ha un corredo cromosomico triploide, per questo può riprodursi solovper via agamica attraverso la moltiplicazione dei bulbo-tuberi. I bulbo-tuberi costituiscono la parte ipogea della pianta, hanno forma sub-ovoidale compressa alla base. Internamente sono di colore bianco, all’apice si individuano le gemme da cui si svilupperanno i germogli, all’esterno sono ricoperti da tuniche brune reticolate e allungate che avvolgono gli scapi fiorali.

Alla base si differenziano le radici che sono fini di colore bianco, numerose e di lunghezza variabile da 5 a 10 cm. I bulbo-tuberi durante la fase vegetativa accumulano sostanze di riserva che permettono alla pianta di fiorire e germogliare. Hanno un diametro compreso fra 0,5 e 4,5 cm con un peso variabile da 0,5 a 25 g. Le foglie sono di colore verde intenso, strette e lineari, in numero di 6 – 9 avvolte da una spata biancastra.

Il ciclo biologico della pianta si divide in due fasi: una di attività che va da agosto/settembre ad aprile/maggio e una di riposo vegetativo che va da giugno ad agosto.

Nella fase attiva distinguiamo una prima fase in cui avviene l’attecchimento: il bulbo riprende l’attività e si differenziano i fiori e le foglie. In questa fase sia la fioritura che la foliazione avvengono a totale carico delle sostanze di riserva immagazzinate nel bulbo. La fioritura avviene da metà ottobre a tutto novembre, dura circa 15 – 25 giorni in funzione dell’andamento climatico. Segue la fase vegetativa durante la quale si accrescono le foglie e grazie alla loro attività sintetizzano le sostanze di riserva nei nuovi bulbi. Alla fine di questa attività i bulbi hanno raggiunto le dimensioni definitive (Maturità). Durante il riposo vegetativo i bulbi nel terreno non subiscono alcuna variazione. Con questa fase la pianta riesce a superare la siccità e le alte temperature del periodo estivo.

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Le zone di produzione nel Mondo e in Italia

La produzione mondiale di zafferano è di circa 178 tonnellate ad anno di cui il 90% viene prodotto in Iran e il restante 10% in India, Grecia, Marocco, Spagna, Altri Paesi. I più grossi esportatori a livello mondiale sono gli Iraniani seguiti dagli Spagnoli.

In Italia la produzione annua si aggira intorno ai 400 kg. Si coltiva principalmente in Sardegna con 35 ettari, Abruzzo 7 ettari e in misura minore in Umbria, Toscana, Liguria e Sicilia.
Alcune produzioni hanno ottenuto il marchio DOP come quello Abruzzese di Navelli, quello Sardo, e quello Toscano di San Gimignano. (P. De La Cueva; F. Sanna – Workshop Internazionale
Progetto Saffron Interreg III C SUD – Anno 2006).

AMBIENTE DI COLTIVAZIONE

Clima

Lo zafferano si adatta ad un clima mediterraneo – continentale con inverni miti e piovosi ed estati calde e secche. Il suo ciclo biologico gli permette di superare temperature estreme sia invernali (-15° C) che estive (40° C). Cresce bene in climi con piovosità annuale che vanno da 250 a 600 mm con precipitazioni massime estive di 40 mm.

Terreno

Predilige i terreni di medio impasto ma si coltiva bene in qualsiasi tipo di terreno purché con poco scheletro e non soggetto a ristagno idrico.

Materiale vegetale disponibile per la coltivazione e la propagazione

zafferano-coltivazione-renditaAttualmente non ci sono varietà iscritte al Registro delle Varietà Commerciali ma si parla di zafferano in funzione della provenienza (spagnolo, greco, sardo, aquilano, ecc.). Essendo una specie triploide, che si riproduce solo per via agamica, il materiale di propagazione è costituito unicamente dai bulbo tuberi. Mancano aziende specializzate nella produzione del materiale di propagazione e gli agricoltori utilizzano, per l’impianto, i bulbi derivanti dalla coltivazione precedente.

Non esiste una certificazione ufficiale della pianta per cui è impossibile avere garanzie sotto l’aspetto fitosanitario. Prima dell’impianto della coltura bisogna accertarsi, facendo affidamento all’esame visivo, che i bulbi non siano danneggiati e non presentino infezioni da funghi, inoltre è bene valutare le dimensioni del bulbo perchè influenzano direttamente la fioritura del primo anno di impianto.

È consigliabile utilizzare bulbi di diametro non inferiore 1,5 – 2 cm.
Quelli più piccoli possono essere impiantati in un filare a parte per costituire materiale di propagazione per l’anno successivo.

Periodo di impianto

L’impianto della coltura avviene generalmente in un periodo che va da giugno a settembre variando nelle diverse zone di coltivazione in funzione delle condizioni climatiche e delle tradizioni colturali del luogo. In Spagna si impianta o nella seconda metà di giugno o nella prima metà di settembre. In Grecia il periodo di impianto inizia a maggio e può protrarsi fino a luglio. In Italia in funzione delle regioni si impianta:

in Abruzzo nella seconda metà di agosto (G. Di Minco – Workshop Internazionale Progetto Saffron Interreg III C SUD – Anno 2006) ;
in Sardegna da metà agosto a metà settembre;
in Toscana (S. Gimignano DOP) dai primi di agosto alla metà di settembre.

Sesti e profondità di impianto

La densità di impianto varia in funzione delle tradizioni locali. Recentemente con la possibilità di meccanizzare una parte delle operazioni colturali varia pure in funzione dei mezzi che le aziende hanno a disposizione.
In Spagna i bulbi vengono posti nel terreno ad una profondità che varia da 15 a 20 cm in solchi distanti fra loro 50 cm. Nel solco, i bulbi si mettono a circa 3 cm l’uno dall’altro. In Grecia la profondità di impianto è di 25 cm con un interfila di 10 – 20 cm. La distanza fra i bulbi può essere di 3 – 15 cm sulla fila.
La tecnica di coltivazione abruzzese (cicli annuali) prevede la preparazione del terreno in aiuole leggermente rialzate, separate da un corridoio di 30 cm. In queste aiuole si fanno tre o quattro solchi distanti 20 – 25 cm e profondi 20 cm in cui i bulbi si pongono in fila continua (G. Di Minco – Workshop Internazionale Progetto Saffron Interreg III C SUD – Anno 2006).

La profondità di messa a dimora dei bulbi è di 15 – 20 cm con la parte basale ancorata al terreno. L’interfila va da un minimo di 40 cm a più di 100 cm. La distanza dei bulbi sulla fila è in media di 10 cm.
I sesti di impianto dipendono in ogni caso da come l’agricoltore intende fare le operazioni colturali successive (controllo delle infestanti, rincalzature, ecc.) manualmente o meccanicamente in funzione dei mezzi che ha a disposizione. Per determinare poi il quantitativo in peso dei bulbi da impiantare si deve considerare che in un chilo ci siano al massimo 60 – 100 bulbi. Ciò fa sì che sin dal primo anno di impianto si abbia una fioritura abbondante.

Irrigazione

Lo zafferano non ha particolari esigenze irrigue e in genere in Italia la coltivazione viene condotta in asciutto. Solo quando si verificano condizioni climatiche di estrema siccità si può intervenire con un’irrigazione di soccorso. In Spagna dove la coltivazione è più intensiva circa il 70% della superficie è in irriguo (4).

Avversità

Lo zafferano può essere danneggiato da diversi parassiti vegetali.
I più frequenti sono:
I Fusarium fra cui spicca il Fusarium oxysporum f. sp. Gladioli detto comunemente Giallume dello zafferano. Attacca i bulbi con imbrunimenti interni e necrosi dei vasi fino al marciume.
In campo in ottobre, in prossimità della fioritura, si osserva uno sviluppo abnorme della guaina fogliare che limita così la differenziazione dei fiori e delle foglie con ripiegamento del germoglio verso il basso. L’attacco può avvenire anche in primavera in caso di particolari eventi climatici, interessando le foglie che manifestano clorosi.
Rhizoctonia spp. I bulbi si presentano marci e maleodoranti mentre le foglie della pianta attaccata ingalliscono per poi disseccare.

Pennicillium corymbiferum è favorito dagli ambienti umidi e si sviluppa durante la conservazione dei bulbi in attesa dell’impianto. I bulbi attaccati presentano inizialmente delle lesioni scure che evolvono in muffa verde bluastra che ne provoca il marciume. In campo la malattia
si manifesta con la comparsa di marciume nel colletto, ripiegamento del germogli e disseccamento.

Macrophomina phaseolina che determina il marciume carbonioso dei bulbi. Questi all’inizio della malattia presentano delle tacche infossate bruno rossastre. Successivamente quando, con il procedere della malattia, le foglie sono avvizzite da tempo, i bulbi presentano le tuniche sfilacciate e i tessuti grigio nerastri punteggiati dagli sclerozi del fungo.

La lotta a queste crittogame ha un denominatore comune: la prevenzione che può essere agronomica avendo cura di non piantare lo zafferano dove da poco sono state coltivate altre bulbose e di non farlo succedere a se stesso se non dopo un adeguato numero di anni.

Altra precauzione è quella di scegliere suoli ben drenati sistemando il terreno in modo che non vi siano ristagni idrici.
La profilassi preventiva si deve fare innanzitutto impiantando bulbi sani e scartando già prima della conservazione in magazzino o almeno prima dell’impianto quei bulbi che dovessero presentare lesioni o sintomi di infezione e eventualmente conciandoli con prodotti a base di rame.

La fauna che può danneggiare la coltura è costituita da conigli e lepri che possono distruggere la parte aerea, invece cinghiali, topi di campagna e ratti si alimentano dei bulbi. Il controllo può essere fatto con una recinzione avendo cura di interrare bene la rete.

La raccolta

A circa 60 giorni dall’impianto dei bulbi inizia la fioritura e quindi la raccolta. Da metà ottobre a metà novembre per circa 20 giorni si procede giornalmente alla raccolta dei fiori. Va fatta al mattino presto prima che si aprano mettendo allo scoperto i tre filamenti dello stimma con perdita di qualità nel prodotto finale. È un’operazione delicata, fatta nella maggior parte dei casi manualmente, con un taglio alla base del fiore premendo l’unghia del pollice sull’indice.

I fiori si mettono in ceste avendo cura di non comprimerli per non danneggiarli. Una volta raccolti vanno subito sottoposti a mondatura per separarne gli stimmi. In caso di pioggia nel giorno della raccolta i fiori devono essere messi ad asciugare all’aria in un luogo riparato prima di procedere alla mondatura. L’operazione va compiuta aprendo il fiore e recidendo lo stimma alla base dei tre filamenti, senza separarli ed eliminando la parte bianca dello stilo.

Gli stimmi ottenuti dalla sfioritura devono essere essiccati. L’essiccazione porta ad una riduzione di peso del prodotto fino ad averne 1/5 circa di quello iniziale e si considera completata quando gli stimmi hanno una umidità del 10%. Lo zafferano essiccato, si stacca con facilità dal supporto, assume una colorazione più accentuata e un odore più intenso. In funzione delle tradizioni locali l’essiccazione viene effettuata in modi diversi utilizzando la brace di forni o caminetti a legna come fonte di calore a cui gli stimmi posti in setacci vengono esposti.

Da qualche tempo si utilizzano pure forni elettrici o meglio essiccatoi che permettono il controllo dei tempi e della temperatura. In ogni caso devono essere fonti di calore blando con temperature non superiori ai 45°C.
Gli stimmi essiccati costituiscono la spezia (foto 11) che, in attesa di essere commercializzata, si deve conservare in recipienti ermetici e al riparo dalla luce e dall’umidità.

L’intero ciclo di raccolta – mondatura – essiccazione va completato nella stessa giornata per preservare le caratteristiche qualitative dello zafferano. Questo significa che nei 20 giorni di raccolta c’è un notevole impiego di manodopera che deve eseguire tutte le operazioni con attenzione e delicatezza pena la perdita del prodotto. All’espianto della coltura si raccolgono i bulbi, una parte viene reimpiegata per i nuovi campi mentre la parte eccedente è destinata alla vendita.

L’estrazione dei bulbi, che avviene in genere a giugno, a completa essiccazione delle foglie, può essere praticata in vario modo in funzione dei mezzi che si hanno a disposizione:

  • manualmente con l’uso di zappe o vanghe e meccanicamente
  • con aratro o macchinari specifici tipo macchine cava bulbi o tuberi.

Si tratta comunque di una operazione delicata, da compiere senza danneggiare i bulbi o metterne a nudo la parte bianca e carnosa. Questi devono essere ripuliti da terra, erbe, tuniche residuali del bulbo madre e da quelle più esterne dei bulbi stessi. La selezione riguarda sia le dimensioni che l’aspetto sanitario scartando quelli che presentano segni di contaminazione. In attesa dell’impianto i bulbi devono essere conservati in cassette, disposti in strato non superiore a 40 cm, in luogo asciutto, ventilato e al riparo dalla luce.